La razza influisce? Senza dubbio. La linea di sangue è importante? Certamente. Dipende anche da soggetto a soggetto? Non c’è ombra di dubbio. Sono tutti fattori dai quali può dipendere la spinta, la voglia di “lavorare” di un cane con il suo conduttore, dove per lavoro intendo sia i classici sport cinofili, ma anche una “banale” sessione di educazione. Tuttavia.... Tuttavia ho l’impressione che troppo di frequente ci si nasconda dietro a delle scuse per giustificare una cosa che, comprensibilmente, si fatica ad accettare, ovvero che noi per il nostro cane non siamo abbastanza interessanti, che non riusciamo a motivarlo, a farci seguire mentre gli insegniamo qualcosa e spesso purtroppo nemmeno a giocare con lui perché, se siamo a casa o in giardino gioca, ma appena siamo fuori di casa il nostro pupillo che tanto amiamo e tanto adoriamo quasi non ci degna più di uno sguardo.
Quando il tuo cane per giocare con gli altri cani o per inseguire un gatto o un’anatra sembra un incrocio fra Rambo e Bruce Lee mentre quando sta facendo qualcosa con te sembra sofferente se la temperatura e il grado di umidità del prato non corrispondono al suo ideale, quando cerchi di coccolarlo o di gratificarlo con un bravo e una carezza e lui si tira indietro o si volta dall’altra parte e subito dopo salta addosso a fare le feste come un matto a chi ti sta davanti, quando lo chiami con in mano 5 giochi e 10 tipi di bocconi diversi facendo capriole e gridando nomignoli di ogni tipo con tutti i toni di voce che le tue corde vocali sono in grado di emettere, e il tuo cane nemmeno si gira e si perde a giocare con una fogliolina, ammettiamolo, c’è un problema. E’ brutto, bruttissimo, capisco che non faccia piacere ed è difficile da ammettere, ma se non lo si ammette non si riuscirà mai a risolvere il problema. Quando le cose stanno così non ha senso intestardirsi per insegnare al cane a fare una condotta o un qualsiasi altro esercizio. Lavorare con il cane è fondamentale per creare un legame solido, onesto e appagante per entrambi, ma prima di costruire la casa dobbiamo gettare le fondamenta, dobbiamo essere connessi con il nostro cane. Una delle cose che ripeto spesso è che il rapporto non si costruisce in campo, ma a casa e nella vita di tutti i giorni. Il campo è una parentesi in cui dovrei poter chiedere al cane ancora di più, in cui dovrei poter arrivare ad entrare e per 20 minuti avere il 100% della sua attenzione, ma il mio lavoro sul rapporto inizia da quando mi sveglio e finisce quando vado a letto durante ogni momento che trascorro con lui: quando gli do da mangiare, quando lo porto a passeggio, quando gli faccio le coccole, quando ci gioco, quando mi suonano il campanello, quando mastica qualcosa che non dovrebbe, quando lo chiamo… E’ nell’arco di questo tempo che giorno dopo giorno costruisco il rapporto. Se non ci trova interessanti, divertenti, stimolanti, se non troverà gratificante stare con noi, seguirci e contemporaneamente se non ci considererà affidabili, sicuri, autorevoli (non autoritari!), non sarà mai possibile insegnargli qualcosa o pensare che torni ad una chiamata se intorno ci sono altri stimoli interessanti. Quando ripeto queste cose poi mi sento chiedere “come faccio?”. Potrei ripetere la solita lezione sulla gestione delle risorse che, nonostante la ripeta di continuo, molti continuano a sottovalutarla, ma spesso il problema non è solo questo, manca un altro elemento che ripeto sempre alle lezioni di teoria in campo e di cui ho scritto ampliamente nel mio libro, manca la COMUNICAZIONE. Il cane non viene “ascoltato”. Ci si concentra su cosa fare, come premiarlo, come chiamarlo, come muoverci, ma prima non si è fatto caso a cosa il cane sta comunicando: gli interessa quello che sto cercando di offrirgli? E’ interessato a quello che sto cercando di fare? Soprattutto, è interessato a me? Non ha senso, anzi, è controproducente insistere nel tentare di far fare qualcosa al cane quando già si dimostra disinteressato a me, devo prima di tutto pensare a costruire le basi per cui lui mi cerchi, desideri stare con me perché ho qualcosa da offrirgli, e non parlo solo del cibo o della pallina, ma della capacità di stimolarlo. Una volta agganciato inizierò a fargli vedere quanto è più interessante e piacevole stare con me, collaborare, ma non potrò farlo bene se non continuerò ad ASCOLTARLO, osservandolo. Se non mi accorgo che sta perdendo interesse e continuo a chiedergli esercizi, finirà per andarsene, quindi dovrò avere la capacità di cogliere i segnali che potrebbero indicare un aumento dello stress o un semplice calo di interesse trovando poi immediatamente modo di tenerlo agganciato. Ora però attenzione, perché so già che a questo punto molte persone prenderebbero solo quest’ultima parte e io finirei per vedere in campo conduttori che non appena il cane dovesse cominciare a dimostrarsi svogliato inizierebbero a premiare con 1000 bocconi e giochi a non finire solo perché il cane ha fatto due passi di condotta e un seduto. Non è questo che si deve fare! Dobbiamo continuare a crescere, dobbiamo chiedere al cane sempre di più ma possiamo farlo solo se saremo capaci di tenerlo motivato, dobbiamo arrivare ad avere lui che chiede a noi di continuare, di fare. Il nostro obiettivo deve essere arrivare al massimo delle sue possibilità con il massimo della sua motivazione. Se ci sono situazioni in cui notiamo che ci mette più entusiasmo e grinta di quando facciamo qualcosa insieme, significa che non siamo arrivati al massimo e non abbiamo dunque ancora trovato la perfetta sintonia. Non è facile riuscirci, ed è invece molto facile sentirsi frustrati o finire a crogiolarsi in 1000 scuse, ma è un traguardo per il quale vale davvero la pena lottare e impegnarsi, mettersi in gioco e capire i nostri limiti per tentare di superarli, un traguardo che darà sensazioni così forti e soddisfazioni così grandi che fino a quando non si provano non si possono nemmeno immaginare.
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Antonio AgusIstruttore Cinofilo e Formatore CSEN Archives
Febbraio 2021
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